Orizzonte di fuoco by Rollins James & Blackwood Grant

Orizzonte di fuoco by Rollins James & Blackwood Grant

autore:Rollins, James & Blackwood, Grant [Rollins, James & Blackwood, Grant]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Ro
editore: Nord
pubblicato: 2014-06-25T16:00:00+00:00


Ore 20.44

«Bartok! Vieni qui!» chiamò la pilota quando ebbero raggiunto l’altitudine di crociera.

Tucker si slacciò la cintura, oltrepassò Kane e s’infilò in cabina. S’inginocchiò accanto al sedile. Il posto del copilota era vuoto. Oltre il parabrezza, c’era solo il buio.

«Adesso dimmi dove siamo diretti. Al telefono mi hanno detto solo ’sud-ovest’. E che mi avresti comunicato il luogo dopo il decollo.»

Le diede le coordinate, che lei appuntò sul blocco che teneva in grembo. Fece qualche calcolo, poi disse: «Cinquanta minuti. Sai cosa stiamo cercando? Ci sarà un segnale di qualche tipo, da? Il Caspio è grande, soprattutto di notte».

«Te lo dirò quando arriveremo.» Tucker tornò dagli altri.

Il rombo del motore si era trasformato in un basso ronzio. Il viaggio proseguiva tranquillo, a parte qualche scossone quando Elena incontrava una sacca di turbolenza.

È un momento buono come un altro.

Tucker si mise in piedi tra le due panche. «È giunta l’ora di una bella riunione di famiglia.»

«Una cosa?» chiese Bukolov.

Lui non gli badò. «A ogni sosta che abbiamo fatto, il generale Kharzin ha sempre saputo dove fossimo. Non avevo idea di come facesse... finora.» Li fissò negli occhi, uno per uno.

Sotto quello sguardo attento, Anya si animò. «Eh? Che intendi, Tucker?»

Estrasse dalla tasca il generatore di segnale e lo sollevò perché lo vedessero tutti.

«Che cos’è?» domandò Bukolov.

Tucker si rivolse a Utkin. «Ti va di spiegarlo?»

Lui scrollò le spalle e scosse il capo.

«È un generatore di segnale, un trasmettitore. Era attaccato all’antenna della radio dell’Olga. Da quando siamo partiti da Volgograd, ha inviato messaggi a intervalli regolari, finché, poco fa, non l’ho disinnescato. Messaggi diretti a Kharzin.»

«E credi che sia stato uno di noi a piazzarlo lì?» chiese Utkin.

«Sì.»

«Potrebbe essere stato Miša», replicò Anya. «Lui sì che sapeva dove avrebbe dovuto attaccarlo: il sottomarino era suo.»

«No, perché è stato proprio Miša a consegnarmelo.»

Lei sgranò gli occhi. «Tucker, mi stai spaventando. Che cosa succede?»

Tucker guardò Utkin. «Quella sotto il sedile è la tua borsa?»

«Sì.»

«Tirala fuori.»

«Okay... ma perché?»

«Tirala fuori.»

Il giovane obbedì.

«Mostrami le carte da gioco.»

«Che cosa? Non capisco perché...»

«Mostramele.»

Allertato dal tono duro di Tucker, Kane si alzò e puntò gli occhi su Utkin.

«Tucker, amico mio, che ti prende? Non riesco a capire, ma non fa niente: ora le prendo.» Il giovane aprì la sua sacca e vi frugò dentro. Poco dopo si bloccò, guardò Tucker ed estrasse le due scatole di carte da gioco. Una piena e una vuota. Prese quella vuota.

E allora capì.

«Ma non... non è mia», balbettò il giovane.

Tucker infilò il generatore nella scatola e la richiuse. Era delle dimensioni perfette.

Utkin continuava a scuotere la testa. «No, no, non è mia.»

Anya si coprì la bocca con una mano.

«È la verità? Tucker, è così?» chiese Bukolov.

«Chiedetelo a lui.»

Il magnate era impallidito. «Utkin... dopo tanti anni passati insieme, mi hai tradito così? Perché? C’entra qualcosa il tuo vecchio problema col gioco d’azzardo? Credevo ne fossi venuto fuori.»

Il giovane arrossì per la vergogna. «No! È tutto falso!» Guardò Tucker, gli occhi disperati. «Che mi farai?»

Non ebbe il tempo di rispondergli, perché Anya esclamò: «Ti prego, non ucciderlo.



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